Gran parte del materiale di questo articolo - esempi
esclusi - è tratto e/o riadattato dal manuale “Writing Tools” dell’insegnante
di scrittura Roy Peter Clark, che ringrazio immensamente!
In Perché io Scrivo, George Orwell spiega
che "la buona prosa è come una lastra di vetro trasparente". Un buon
lavoro deve richiamare l’attenzione del lettore sul mondo descritto, non certo
sui volteggi della penna di chi scrive! Quando ci sporgiamo davanti a una
finestra per scrutare l’orizzonte, non notiamo il vetro e l’intelaiatura,
eppure essi delimitano il nostro sguardo proprio come uno scrittore orienta la
nostra visione della storia.
La maggior parte
degli scrittori dispone di almeno due modalità di scrittura: "Non fate
caso a me, concentratevi sulla storia", e "Guardatemi danzare! Sono troppo
bravo!". In termini retorici, queste due modalità si chiamano understatement (attenuazione) e overstatement (esagerazione). E non è
affatto vero che la seconda sia da buttare, dipende sempre dal contesto. Una
buona regola è la seguente: più serio o drammatico il soggetto, più lo
scrittore dovrebbe ritrarsi dietro il sipario, lasciando che la storia "si
racconti da sé".
L’attacco terroristico ha causato la morte di dieci
persone e il ferimento di almeno ottanta. Non sono state comunicate
rivendicazioni ufficiali dell’atto, ma i primi indizi rivelati dagli inquirenti
indicano il possibile coinvolgimento di un gruppo di estremisti religiosi.
Se invece l’argomento
è leggero o scherzoso, lo scrittore può farsi avanti senza paura e sbizzarrirsi
con le “strizzatine d’occhio” e le invenzioni di linguaggio.
La Sagra del Cavolo (Verza) scuote puntuale come ogni
anno gli animi della pacifica comunità di Moncrivello di Sant’Eustachio. L’esibizione
degli ortaggi, orgoglio vivo di note personalità come il sindaco Scrofani e la
vedova del commendator Zucconi, costituisce la scusa perfetta per una settimana
di piacevoli bagordi, ove - lo si dica per inciso - porchetta e salamini la
fanno da padroni a dispetto del nobile vegetale che dà il nome alla festa
tutta.
Alcuni rifuggono
da questo stile con sdegno imperituro, al punto che il romanziere Elmore
Leonard dichiara: "Se mi suona come scrittura, lo riscrivo".
E’ davvero opportuno
che uno scrittore apprenda a muoversi avanti e indietro in questo modo,
nascondendo la propria presenza o mettendosi in mostra a seconda dei casi, ma
esiste un altro tipo di movimento ancor più importante: su e giù per la scala
dell’astrazione. Al fondo ci sono le spade sanguinanti, gli anelli magici e le
teste mozzate. In cima vi sono la libertà, la giustizia, l’eterna lotta degli
oppressi contro gli oppressori, e così via.
Attenzione ai
gradini intermedi della scala, dove si annidano gli zombie del linguaggio
tecnicista e burocratico! Per intenderci, è il luogo dove gli insegnanti sarebbero
noti come educatori pedagogico-scolastici,
e le lezioni di scuola media come unità
educative di livello intermedio.
Analizziamo meglio
la definizione dello strumento, scala
dell’astrazione. Il primo sostantivo è scala,
un utensile che puoi vedere, stringere e adoperare, che coinvolge i sensi, con
cui puoi fare "cose". Il fondo della scala poggia sul linguaggio
concreto. Concreto vuol dire duro, solido, ed è per questo che quando cadi da
una scala rischi di romperti un braccio. Il braccio destro. Quello con un
tatuaggio a forma di cuoricino.
Il secondo
sostantivo è astrazione. Non puoi
mangiarla, annusarla, né misurarla. Fa appello non ai sensi, ma all’intelletto.
E’ un’idea che reclama esempi a gran voce.
In tanti venerano le arti culinarie del Principato di
Meridia, i suoi sapori ricercati e originali, il gusto sopraffino innalzato a
tramite per sfiorare il reame celeste degli Dei! Prendete lo stufato di
porco-ratto, tanto per dire…
Quando mostriamo siamo in fondo alla scala,
quando spieghiamo/raccontiamo siamo
in cima. Possiamo muoverci su e giù come ci conviene, passando dal terra terra
al concettuale e viceversa. Metafore e similitudini ci aiutano a spiegare le
astrazioni attraverso una comparazione con cose concrete.
Alla vista della nereide vestita soltanto di schiuma, l’animo
di Garko si inabissò negli oceani caldi della passione. Il suo cuore lo spinse
a fondo, pesante e vivo come un leone marino, per poi guizzare verso la
luce con il vigore di un delfino. Era ammaliato, era perduto, misero
naufrago senza speranza di salvezza.
Se però scrivo una
prosa che il lettore non riesce né a vedere
né a capire, devo essere rimasto
intrappolato a metà scala, nella terra di nessuno dove regnano il burocratichese
arido e la supercazzola fine a se stessa:
La nostra missione è fornire servizi autocratici nell’ottica
dell’eccellenza aziendale considerata come tale e non, in eventuale sincronia
diagnostica con la congiunzione economica e finanziaria dei prodotti derivati
all’estero.
Per finire, ecco
due semplici domande per aiutarci a utilizzare a dovere la scala dell’astrazione:
- "Puoi darmi un esempio?" ti condurrà giù in fondo.
- "Questo cosa significa?" ti spedirà su in cima.
Qualche esercizio
per completare il tutto:
- Compara il linguaggio di un testo drammatico con quello di un pezzo umoristico: nota come nel secondo caso la "presenza" dello scrittore si faccia molto più evidente.
- Ascolta i testi di qualche canzone come esempio tipico di linguaggio che si muove su e giù per la scala dell’astrazione. Nota come parole e immagini concrete, nella musica, riescano a esprimere astrazioni come amore, speranza, lussuria, paura…
- Leggi qualcuna delle tue storie e descrivi, in tre parole o meno, di cosa trattano davvero. Amicizia, perdita, tradimento? Hai modo di rendere tali significati più evidenti al lettore, cercando di essere più specifico nella tua prosa?
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